Un improvviso stato catatonico: il corpo e l'anima - non si sa come - travolti da una valanga di simulacri ebbri di dolore e atavica rabbia. Sono solo 18 minuti, ma accade di tutto, dal sacrificio al dio Moloch all'apocalisse. Ecco uno degli ep che scuotono il 2011: Molochian dei Murder Therapy.
Devo ammettere che, l'unica volta che vidi live questi ragazzi bolognesi, di supporto ai Cynic (in quella che fu una serata terribile per l'organizzazione e la gestione tecnica), rimasi piuttosto interdetto: vidi uno spettacolo confuso e violento, death metal ipertecnico e esasperato senza troppa coesione. La prima impressione non fu positiva, ma mai come ora devo ammettere che sono pronto a ricredermi. Molochian è una sorta di watershed, uno spartiacque, sintesi di quello che i Murder Therapy sono stati in Simmetry Of Delirium e quello che saranno nel nuovo full lenght, in corso di composizione.
Devo ammettere che, l'unica volta che vidi live questi ragazzi bolognesi, di supporto ai Cynic (in quella che fu una serata terribile per l'organizzazione e la gestione tecnica), rimasi piuttosto interdetto: vidi uno spettacolo confuso e violento, death metal ipertecnico e esasperato senza troppa coesione. La prima impressione non fu positiva, ma mai come ora devo ammettere che sono pronto a ricredermi. Molochian è una sorta di watershed, uno spartiacque, sintesi di quello che i Murder Therapy sono stati in Simmetry Of Delirium e quello che saranno nel nuovo full lenght, in corso di composizione.
Nel periodo che è intercorso tra quella esibizione e l'uscita dell'ep ci sono stati due cambi di line-up, che paiono aver scosso fortemente le radici più profonde dell'idea musicale della band: via il mastodontico, inquietante singer Riccardo Meschiari e il bassista Marcello Tavernari, dentro Andrea Burgio come bassista, e Sean Worrel (già chitarrista della band) come cantante.
Musicalmente, la metamorfosi è evidente: le influenze di Isis, Meshuggah, Ulcerate (nome ad effetto del tech-death contemporaneo, questa band australiana) si fanno predominanti, il death dispari e ossessivo si impregna di atmosfere post metal/post hardcore e vede cambiare i propri connotati più di quanto fosse intuibile. Il gruppo che ci viene in mente, di primo acchito, sono i nostrani Sunpocrisy, ma forse c'è qualcosa in più. La title track è un'orgasmica orgia di riff e controtempi, che coglierebbe di sorpresa anche il deather più preparato: c'è tutto - violenza, follia, tecnica- in questi 3 minuti scarsi di musica.
In Unvacuity, interviene il growl aggressivo dell'ex singer Meschiari, a dimostrazione di quanto lo split sia stato amichevole: belli i cambi di registro interni, tra sfuriate death e spiragli di inquieta e ammorbata melodia. E se l'attacco di In Viscera è un memorabile tributo a band quali Cynic e Gojira, la traccia finale, Di Luci e Negazioni, apre a panorami del tutto differenti, tra psichedelia sacrale e suggestioni arabeggianti: ma a stupire è la notevole abilità nella gestione del pathos, in questo malatissimo climax musicale che ricorda, a tratti, anche l'avantgarde dei Maudlin of the Well.
Un suono nuovo dunque, per la band bolognese, che apre a prospettive interessantissime per il full lenght venturo: attenzione, ragazzi. Noi di Unprogged vi teniamo d'occhio.
UNPROGGED
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